Alla Mirabella
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Giacomo Cappellini spiega quali furono le circostanze che lo spinsero a scrivere i versi della poesia “Alla Mirabella”. Leggendo le sue parole non si può non rimanere commossi: “…il giorno 25 febbraio fui portato in una cella del torrione “La Mirabella”….Le pareti si possono dire istoriate….Non mancano i versi più o meno poetici, ma tutti accusano un dolore, cui, impotenti, vorrebbero ribellarsi….Quanti pensieri quel giorno; mi sembrava che ogni pezzetto di parete,..tutti quei nomi avessero qualcosa da comunicare, e fu così che, forse portato dai molti versi letti sui muri, mi vennero spontanee le poche parole che trascrivo….voglio che le tenga la mia mamma a ricordo delle mie impressioni prime su una cella…ove attendo, sempre sereno e tranquillo però, che si compia il mio ultimo destino, secondo la sentenza lettami ieri alle ore 16 e 30: la morte.
Venerdì 23-3-945.” (G.CAPPELLINI, Alla Mirabella, Grafo, 2003)
Mirabella, se a tue murasi sciogliesse la favella,quante lacrime, sospiri,empirebbero questa cella.Alti i lai del giusto alteroche al potente fu nemicoo negò seguir viltade,certo udresti in verbo antico.O di libertade amico,in suo amore non mai vinto,dagli Asburgici tiranniai tuoi forti ferri avvinto,il lamento o il canto avito.Mirabella, le tue muraLor funzion non han finita.Ancor oggi a vita duraquanti miseri rinserran !Chi la Patria amò sincero,chi per essa il ferro impugna,chi a menzogna scelse il vero.Più del Feudo o d’Asburgodi torture sei strumento,ma pel Duce e l’Alemannobene servi pel momento.Se riguardo tue muraglie,quanti nomi vedo scritti,di delitti immuni tutti,sol per patrio amor proscritti.… E pagaron con la vitache per lor non v’è altra sorte.Mirabella, qual destino,sei vestibol della morte !Mirabella, il 25-2-45Giacomo Cappellini